Un incontro davvero speciale di Mariella Mentasti - Bornoincontra

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Un incontro davvero speciale di Mariella Mentasti

Premio Letterario
 
"Due incontri e mezzo"  di Mariella Mentasti
Premio speciale della Giuria Edizione 2014



 
1 - Un libro
Bovegno - Gennaio 1970.
Chiuse il libro lentamente, appoggiò gli occhiali sulla scrivania, mi guardò dritto negli occhi e disse: "Vuoi diventare grande? Ecco!".
Non capii immediatamente il motivo di quel gesto: ero alle prese con una versione di latino e i miei quattordici anni non erano ancora riusciti a convincermi dell'utilità di una lingua tenuta in vita dai libri di storia e da qualche citazione colta.
Erano mesi strani, quelli. Preannunciavano un oltre destinato a svelarsi con cautela. Cominciavo a pensare che un posto forse l'avevo in questo mondo  e di una cosa ero certa: i miei nonni me lo stavano indicando nel loro agire quotidiano, così normale e straordinario insieme, così silenzioso nel regalare speranza, così armonico da far pensare che la bellezza potesse prendere origine proprio da lì.
Conoscevo poco del mondo ma esso, attraverso il filtro buono, sincero e coraggioso del mio nonno, mi stava venendo incontro con la forza delle idee proclamate, gridate, gettate al di sopra delle macerie delle guerre e  delle dittature e al di là dei germogli di ipocrisia e individualismo, del culto dell'avere e dell'idolatria dell'immagine.
Nessuno mi avrebbe mai convinto che potessero esserci modi migliori per consegnare la propria vita al mondo. Per queste e altre ragioni che risiedevano in quelle pieghe dell'anima ancora inesplorate ma che cominciavano a uscire dall'ombra, abbandonai volentieri il testo di latino per buttarmi, curiosa e affascinata, sul quel libro con l'immagine di una bambola di celluloide gettata sul fondo nero.
Sergio Zavoli, Viaggio intorno all'uomo. Aprii il libro con cautela. Con una punta di delusione capii che non era una romanzo, erano interviste a "Uomini famosi". In realtà molti erano per me sconosciuti, chiusa com'ero ancora in quel piccolo paradiso familiare che poco mi raccontava del fuori porta. Cominciai dai pochi nomi conosciuti: Papa Paolo VI, Federico Fellini, il Dr. Barnard, il Dr. Schweitzer, … e poi continuai, continuai fino a leggere tutto, riprendere ogni intervista e sottolineare, appuntare, mappare. Man mano quelle ombre riflesse di un mondo sconosciuto mi si svelavano senza pudore e mi parlavo di impegno, progetto, responsabilità, vita donata, coerenza, dignità, scienza e coscienza.
Mi stupii della bellezza dell'uomo e delle sue possibilità.
Diventai grande, come aveva presagito il mio nonno.     

2 - Una vita
Piazza Loggia, 28 maggio 1974.
Ero salva. Diciotto anni rubati alla morte e restituiti al mondo. Fuggii con il bagliore negli occhi, il botto nelle orecchie. Il puzzo di carne bruciata infiltrava il cervello, congelava il pensiero, spegneva l'emozione, bloccava le lacrime.
A casa non trovo le parole, non ricevo parole.
Tutto è pietra, troppo pesante per liberare il dolore.
Un amico arriva di corsa, trafelato, spaventato. "Ci sei, ci sei ancora? … Sul treno ho sentito … il pensiero è volato a te. Sei viva, sei uscita dall'ombra della mia mente e del mio cuore, … ora vivi anche in me."
Dimoravano in me, in un deserto asfittico e buio, fantasmi di ferite precoci, di corpi violati e di anime offese. Carichi di colpe mai commesse comprimevano il dolore e mi schiacciavano nel silenzio.
Un desiderio, solo uno, mi muoveva verso la vita. Avevo bisogno di perdonare, sentivo che solo perdonando sarei riuscita a liberarmi dal senso di colpa che mi opprimeva e mi impediva di alzare la testa e dirigere lo sguardo negli occhi di un uomo buono.
Paziente, il ragazzo attese.
I tempi dell'amore sono ciò che di più delicato si possa immaginare: la loro misura è scandita da moti improvvisi e bizzarri, talvolta impercettibili e lenti, talaltra rapidi  e manifesti. E' il tempo opportuno che consente alle anime di incontrarsi in un solo corpo e agli occhi di vedere nell'altro l'altra faccia di sé.
Il tempo arrivò, come un dono.
Risposi a quella chiamata. Mi affidai a lui.
Mi aiutò a credere in me, a far germogliare semi di conoscenza e sapienza, a  riconoscere le emozioni, accettarle, offrirle con le mani spalancate, come fiori gettati nel vento della vita, come messaggi che parlavano di pienezza, di senso, di autenticità.
Ci regalammo la vita e, con essa, il desiderio di vita generata e generante, in armonia con ogni creatura presente, passata e futura.
Vivemmo il nostro impegno con convinzione e tenacia, qualche volta anche con coraggio, certi di avere un ruolo, solo a noi riservato, per rendere più felice questo nostro mondo.
Quarant'anni di vita accanto, cresciuti insieme nel rincorrersi e reincontrarsi, nel perdersi e riscoprirsi speciali ogni volta. Il cammino, quando è subìto, deforma, segna, invecchia, ma il pellegrinaggio verso l'altro trasforma, illumina, ristora. L'altro che è amore solo se condiviso, l'altro che è specchio che si rispecchia in me, l'altro che è vita nella vita attesa, creata, amata.
L'altro che riflette l'Altro e mantiene per sempre la bellezza, la poesia, l'incanto, l'unicità di una vita donata.

½ - Uno scrittore
Borno, agosto 2010
Entrai intimidita nel locale ancora semivuoto. Un vento freddo e improvviso seguito da una pioggia battente mi avevano costretto a  stratificare il mio abbigliamento da escursionista di passaggio con un risultato non propriamente elegante. La curiosità, per me che trovavo nel pane quotidiano dei libri il più piacevole nutrimento dell'anima, tuttavia prevalse. Presentavano un libro di un autore sconosciuto ai più (me compresa) ma dal titolo accattivante: "Invisibili cammini".
Le eleganti poltroncine di tessuto damascato, le abat-jours stile liberty,  i tavolini disposti con ordine e cura e arredati con minuscoli vasi di fiori freschi, mi costrinsero a un ripensamento. Rimasi immobile sul fondo cercando di capire se la mia motivazione alla cultura fosse tanto forte da sfidare gli accenni di disapprovazione dei pochi presenti. Un signore dallo sguardo intenso ma dal viso aperto e sorridente mi venne incontro con passo rapido e deciso. "Venga - mi disse - si accomodi pure più avanti, è ancora presto e c'è molto posto". "Grazie - risposi rinfrancata da quella premura - ma, forse, quelli sono i posti riservati alle autorità ...". Replicò fissandomi: "Qui tutti sono autorità, venga!". Pochi minuti dopo, mentre la sala si riempiva, scoprii che era proprio lui l'autore sconosciuto protagonista della serata.
Una parola può salvare e quella sua breve frase fu un capovolgimento. Per anni sono vissuta nella convinzione, non lucidamente espressa ma radicata, che nessuno fosse autorità e che il principio di uguaglianza  tra tutti gli uomini e le donne traesse origine proprio dall'esclusione dei rapporti di potere a favore di un universale rispetto reciproco.
Quell'uomo, in quattro parole, mi insegnava che c'è un principio che comprende l'uguaglianza ma va oltre: la fraternità. Sentire se stessi e considerare tutti come autorità significa rendere preziosa ogni persona nella sua unicità, assegnarle un posto insostituibile e una parte nel disegno del mondo.
Significa aggiungere al rispetto la gioia dell'incontro, alla tolleranza la reciprocità e la prossimità.  
Lessi il libro tutto d'un fiato. Viaggi nell'incontro.
Mi regalò una bella sensazione di leggerezza che scava nel profondo liberando e rinnovando pensieri e sentimenti dalla memoria di un tempo regalato alla vita.
Un incontro di pochi secondi. Un'accoglienza fraterna. Un ricordo indelebile.
Mezzo incontro davvero speciale.
Motivazione della Giuria
Un racconto dalla struttura originale, ricco di immagini poetiche ed evocative:
un libro, una vita ed uno scrittore scandiscono momenti indimenticabili di un'esistenza.
 
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