“Canzone, ricordo” di Vittoria Lombardi - Bornoincontra

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“Canzone, ricordo” di Vittoria Lombardi

Premio Letterario

“Canzone, ricordo” di Vittoria Lombardi
Menzione Speciale della Giuria “Istituto Bonafini Lab” - Edizione 2020

 
Una nota, più note, una melodia, una canzone; ecco, questi sono i passaggi che ci permettono di raggiungere quella che chiamiamo “musica”. Se ci pensate bene, anche un tema contiene più passaggi: a questo punto, possiamo definire la musica come il risultato, l’unione di più elementi; si può anche paragonare a un’operazione matematica, a un disegno, a una scultura, a una comunità, a una scuola e alla vita. Quest’ultima è formata da più emozioni, le quali si trasmettono attraverso un tema o una canzone. Con una melodia si può spiegare, rivivere un’esperienza o un particolare stato d’animo.
 
Il pianoforte appare ai nostri occhi come un semplice strumento musicale, ma in realtà è come un portale che apre un nuovo mondo, un universo parallelo in cui si è solo una cosa: liberi. Ogni tasto ha il proprio suono, come ogni persona ha il proprio carattere.
 
Un brano musicale che mi porta al ricordo di un luogo che ho visitato, è quello che sto imparando in questo periodo al pianoforte, un allegretto di Claude Debussy intitolato “The little Negro”. Questo brano ha principalmente due caratteri: una prima parte talmente allegra che sembra frettolosa e una seconda parte molto calma e rilassata. L’esperienza che collego a questa musica è appartenente ad una città che ho visitato durante le vacanze di Natale: New York. Nel mio viaggio, ho notato molte differenze tra i vari quartieri della metropoli: ho visitato molte città straniere, ma questa è quella che contiene maggiori aspetti differenti tra loro.
 
La parte allegra del brano mi fa venire alla mente Times Square, dove ci sono mille schermi pubblicitari e tutto è colorato, dove tutto è sgargiante e non c’è un solo angolo, un solo punto in cui non ci sia la presenza di luce. In quel luogo molta gente passeggia e si sofferma nei pub e nei negozi e certamente qualche bambino si perde, perché è talmente caotica che non è semplice riconoscere i propri genitori in mezzo a tutta quella folla.
 
La parte rilassata e calma, invece, mi fa ricordare il tramonto che ho ammirato dalla cima del grattacielo più alto di New York: la Freedom Tower. E’ stato molto emozionante, perché c’erano enormi vetrate che davano una visione a 360°. Di sicuro, se ci fossi salita di giorno o la sera tardi, non avrei notato l’aspetto rilassato che il tramonto dona ad una città in cui ci sono a tutte le ore molto caos ed affollamento: esso trasmette un senso di sicurezza immenso.
 
Se inoltre seguo la perfetta alternanza di allegro-calmo-allegro del mio brano musicale, noto anche un’esatta coincidenza con gli eventi di quel giorno a New York: quella mattina siamo usciti tutti pimpanti dall’hotel e ci siamo diretti immediatamente alla 5th Avenue, famosa per i suoi conosciutissimi negozi. Qui sono rimasta allibita per la moltitudine di persone e per il loro continuo via-vai. Sono rimasta in un negozio per più di un’ora in fila per pagare tre piccoli souvenir. Queste ore della giornata si rispecchiano molto con la prima parte del brano: la felicità sprizza da tutti i pori e non c’è il tempo di far tornare alla mente i momenti bui della nostra vita. Ci fa sorridere fin dalla prima battuta, dalla prima nota, dal primo tasto sfiorato: è una melodia talmente allegra che può sembrare frettolosa, troppo veloce.
 
A seguire ci siamo recati al tranquillo Central Park, dove la gente passeggia spensierata e le carrozze fanno il loro ingresso trionfale con il cavallo che trotterella e con addosso molti addobbi in stile natalizio. Da lì si ammirano gli imponenti grattacieli e si respira aria pulita, di pace e tranquillità. Qui però ho provato anche una leggera tristezza, un senso di solitudine e malinconia, date dagli alberi spogli, dal lago ghiacciato, dall’erba gelida e dalla brina che ricopre le ultime foglie d’autunno rimaste per terra. Questa cupa sensazione si percepisce chiaramente anche in “The little Negro”, perché la parte calma può essere scambiata per una malinconica.
 
Dopo una lunga pausa tra chiacchiere e risa, siamo andati alla Times Square che citavo sopra, nella speranza di trovare un tavolo libero in qualche locale, ma non ci siamo riusciti; così abbiamo optato per un hot dog e ci siamo goduti i fanali accesi di quell’infinita strada. Al termine di una lunga passeggiata siamo tornati all’hotel e, come il brano musicale vuole, mi sono, anzi, ci siamo, addormentati in men che non si dica, di colpo, proprio come il finale improvviso della mia canzone.
Motivazione della Giuria
Un racconto ben scritto e strutturato, che accomuna il ricordo di un viaggio a New York all’interpretazione del brano musicale “The Little Negro” di Claude Debussy. Il pianoforte, visto come un portale, apre ad un nuovo mondo
in cui il brioso spartito riesce a far rievocare i diversi momenti vissuti.
 
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