Lasciapassare A38 di Alessandro Domenighini - Bornoincontra

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Lasciapassare A38 di Alessandro Domenighini

Premio Letterario

"Lasciapassare A38" di Alessandro Domenighini
Menzione Speciale della Giuria – Edizione 2019


 
Quando il Giro d’Italia fa tappa al tuo paese tutti festeggiano, tranne l’asses­sore allo sport. «Mi raccomando, i documenti ci servono per domani, sennò qui sal­ta tutto!» Si fa presto a pretendere, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo la casa che rende folli, come nelle “Dodici Fatiche di Asterix” e senza neppure il conforto di Obelix e Caius Pu­pus.
Varco il portone del municipio e mi trovo catapultato in un mercato rionale. Tutti gridano. I cittadini più sprovveduti indugiano nel corridoio e intralciano il passaggio, mentre i più esperti si dirigono baldanzosi verso i funzionari, salvo esse­re cacciati indietro in malo modo. Nei casi peggiori, il postulante viene rimbalzato da uno sportello all’altro, amplificando decibel e confusione. Svicolo dietro alla ressa e guadagno le scale.
L’ufficio tecnico si trova al secondo piano, isolato e inespugnabile come il castello di Kaf­ka. La microscopica sala d’attesa è stipata di persone. Aleggia un tanfo nauseabondo di fogna e putrefazione. Il primo della fila è un signore distinto, pallidissimo e con la barba di un paio di giorni. Mi colpisce il contrasto tra l’eleganza dell’abito e l’igiene trascurata. Chissà dove l’ho già visto. Imbarazzato e con gli occhi bassi, mi azzardo a passare avanti: «Scusate, scusate...». Una signora accenna una reazio­ne, ma viene trattenuta dall’amica. «È un assessore» le bisbiglia all’orecchio. La vicina si acquieta: «Ah, poverino, non lo sapevo». Una prece, come sulle lapidi.
Chiedo del responsabile. «È in ferie» mi dicono. «Allora il vice.» «C’è, ma è impegna­to.» Oso disturbarlo nel suo ufficio e comprendo le ragioni della coda là fuori. Una graziosa cit­tadina in minigonna gli ha domandato una lunga serie di ricerche catastali. A titolo di cortesia gratuita, naturalmente. Al mio ingresso, l’impiegato non si scompone affatto: «Assessore, buon­giorno.» Sentendomi evocare, la minigonna si volta e mi spiega: «Il si­gnor geometra è sempre così gentile con me…» «Non dubito. Ma ora, se non è troppo di­sturbo, avremmo da fare.» La minigonna raccoglie le pratiche e si allontana, con grande rammarico del vice-responsabile.
«Avrei bisogno del CD con la carto­grafia comunale e dello stradario.» Mi sento già in difetto: pretendo ben due documenti in una volta sola. «Il CD non so dov’è: devi sentire il responsabile». Evidentemente darsi del lei è passato di moda. «Il responsabile è in ferie.» «Ah, ecco perché non l’ho mai visto stamattina.» Il segreto del successo aziendale è la condivisione delle informazioni. «Beh, da qualche parte li terrà questi CD...» «Tu sai dove?» Chissà che cosa vuol dire esattamente vice-responsabile... «E lo stradario?» «Ah! – sbuffa divertito – Quello ce l’hanno i vigili, mica l’ufficio tecnico.»
La situazione mi sta sfuggendo di mano: il rimpallo tra un ufficio e l’altro è l’inizio della fine; avverto Caius Pu­pus alle mie spalle, pronto ad annotare il fallimento sulla tavola cerata. «Ok, allora mentre io mi occupo dello stradario, lei mi fa la cortesia di trovare questo benedetto CD.» Il suo volto vira di colpo dal raggiante al depresso, quando com­prende che dovrà abbandonare la sua comoda poltroncina. Valuta perfino di spostar­si con le rotelline fino alla scrivania del collega, poi in un impeto di dignità si alza.
Scendo al piano terra, stupefatto di questo mezzo successo. Nella sala d’attesa è il turno del signore distinto, che però non accenna a muoversi. Un altro si accomo­da al suo posto senza tanti complimenti.
Per le scale sento la voce della segretaria. Mamma, aiuto! Mi rifugio nel bagno. Dopo aver finto di espletare bisogni fisiologici che non ho, lascio il nascondiglio, ma lei è lì che mi sta aspettando. «Assessore, mi pareva di averla vista! Devo assoluta­mente dirle una cosa...» E incomincia una tiritera di lamenti, passando in rassegna tutti i suoi colleghi dal ragioniere all’usciere. Dopo quindici minuti, è arrivata al cattivo gusto dell’ad­detta al protocollo. Dopo venti, alle mazzette del vigile urbano. Dopo mezzora, mi accenna per caso alla sua figliola, che è tanto brava ma è preoccupata per gli esami di maturità. Mi propone una cena a casa loro, così conosco la figliola. Per fortuna il sindaco, più avanti di me nel cursus honorum, mi ha spiegato come uscirne vivo. Con un movimento impercettibile della mano provoco la suoneria del telefono, fingo di rispondere e me la batto. Tre quarti d’ora di nulla assoluto. Intanto le delibere giacciono inerti sulla sua scrivania, mentre i fornitori mi chiamano di giorno e di notte minacciando di bruciarmi la casa.
Al piano terra mi ritrovo nel caos più totale. I cittadini si sono organizzati in bande ar­mate, come Fantozzi e Filini nella celebre giornata di caccia. Gli scontenti della TARI ber­sagliano l’avamposto dei funzionari con pomodori e uova marce. I vessati dall’I­MU costruiscono trincee nel corridoio. I vigili urbani si sono piazzati nel cuore della battaglia e da arbitri equanimi dispensano multe a destra e a manca. Intanto lo spread sui bund va alle stelle, la Spagna ci sorpassa e “Pensavi solo ai soldi” vince il Festival di Sanremo.
Raggiungo un agente e lo allontano dalla prima linea. Gli confi­do le mie ambasce e la necessità di trovare il mitologico stradario comunale. «Per il Giro d’Italia?» mi domanda entusiasta. Ho fatto bingo: l’a­gente, ciclista dilettante, è un fanatico delle due ruote. Impugna la rivoltella e spara due colpi al soffitto, ammaccando un lampadario: «Adesso basta gazzarra, qui c’è gente che lavora.» Colti di sor­presa, tutti tornano al proprio ruolo abituale, chi di questuante senza speranza, chi di fun­zionario senza pietà. Ecco dove sbagliava Asterix: una P38 gli serviva, altro che il lascia­passare! Frattanto l’agente mette a soqquadro l’archivio comunale, aiutato dai colle­ghi (quei pochi che non sono in mutua). Mi consegna dieci copie del prezioso cimelio, impolverate ma presentabili.
Torno in ufficio tecnico ringalluzzito dal trionfo. Il vice-responsabile è in un bagno di sudore. Ha dovuto aprire tre cassetti della scrivania ma la sua tenacia è stata premia­ta: mi mostra il CD. «Ottimo! – commento incredulo – Me ne farebbe una co­pia?» La mia richiesta lo ributta nella prostrazione più nera. «Perché, se­condo te qui ce l’abbiamo un masterizzatore?» «N-no?!» «Quando vi deciderete a comprarmi un computer nuovo... L’unico masterizzatore del comune è all’ufficio protocollo.» «Beh, non potrebbe... Anzi no, lasci stare, mi dia l’originale che scendo io a fare la copia.» Il geometra mi porge il CD con sollievo: ha scampato una rampa di sca­le.
Raggiungo l’ufficio protocollo. In effetti, l’impiegata ha un gusto terribile in fatto di abbigliamento. «Assessore, buongiorno!» «Buongiorno a lei. Potrebbe masteriz­zarmi un CD?» «Ma certo, volentieri. Dia qua!» Consegno l’originale. «E il CD vergine?» «Beh, non ne avete uno voi?» «Ah no, guardi, da quando avete cambiato le norme sull’economato, comprare la cancelleria è diventata un’impresa più che sca­lare il Mortirolo: MEPA, DURC, Consip... cerchiamo di lesinare i pochi rimasti.» «E dove accidenti sono i pochi rimasti? A me ne basta uno solo!» «Mi pare che gli ultimi siano in uf­ficio tecnico...» Adesso vado di sopra e lo strangolo!
In ufficio tecnico trovo il deserto (tran­ne il signore distinto che ormai considero parte dell’arredo). D’altronde le diciassette sono scoccate già da ventitré secondi. Frugando a casaccio negli armadi, reperisco il tanto ago­gnato CD vergine e mi precipito al protocollo. Povero illuso! Ormai sono le cinque e mezza...
Me ne torno a casa, rassegnato a fare la copia col mio computer privato. Ma proprio sulla porta del municipio devo subirmi la reprimenda del ragioniere: «Stia attento con quel CD: è l’unico che abbiamo. Se lo rovina, la Corte dei Conti potrebbe contestarle il danno erariale.» Non ho tempo di rispondergli quel che si meriterebbe, perché devo fuggire a gambe levate! Dalle scale mi insegue un tumulto di passi e una voce che grida: «Assessore, non avevo finito! Facciamo venerdì per quella cena?!»
L’indomani consegno il tutto ai responsabili del Giro d’Italia. «Ha visto che non era così difficile.» «Beh, insomma. Meriterei la maglia rosa, per quel che ho passato.» «Il solito esagerato. Non siete certo messi male come in quell’ufficio... non ha sentito alla radio?» «No, che è successo?» «Un tale è morto in sala d’attesa e l’han dimenticato lì per tre settimane. A proposito... com’è che si chiama il vostro comune?»
Motivazione della Giuria
Per una spassosa narrazione che mette in luce vizi e maniere
di un’Amministrazione Comunale all’arrivo di una tappa del Giro d’Italia.
 
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