“Un’emerita fandonia” di Elena Beccagutti - Bornoincontra

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“Un’emerita fandonia” di Elena Beccagutti

Premio Letterario
“Un’emerita fandonia” di Elena Beccagutti
 Primo Premio Categoria Giovani Under 18 – Edizione 2021

 
 
Quando tu vivi in un mondo perfetto, lo devi anche essere, per esserlo a volte devi mentire.
Tutti mi vedono come la ragazza modello, colei che prende le cose sul serio, che parla quando è il momento giusto, che non sbaglia mai.
Sei la ragazzina che si impegna per tutto e ottiene i risultati che vuole ogni volta, quella che non ha mai fatto nulla di strano o fuori dal normale. Lo sei perché loro lo dicono e ti mostri fiera, non puoi fare altro che sorridere, sei l’orgoglio della famiglia, e non ti devi lamentare perché tutti vorrebbero essere come te.
Poi finisci per dover rivestire un ruolo, una veste rigida e appiccicosa che non puoi staccare perché ti calza a pennello, così tanto a pennello che ti stringe e ti soffoca.
Sei diventata come quella ragazza; quella che quando eri piccola tutti indicavano come modello da seguire, e come gli altri, la guardavi, però avevi notato i suoi occhi, forse eri stata l’unica a notarli; erano vuoti ricordi? Spenti, senza energia, ma lei sorrideva come se fosse davvero contenta. Dicesti che non saresti mai diventata come lei, già mentivi.
Ogni giorno è un peso sulla schiena, come se piano piano lungo un sentiero tu raccogliessi dei diamanti e li mettessi in uno zaino che devi portare in spalle.
 All’inizio sarai contenta di averne uno, cinque, dieci ma più ne raccogli più lo zaino pesa e più tu fai fatica; però lo sai di non poter cadere a terra o fermarti per prendere fiato, perché tutti ti stanno guardando e aspettano solo che tu riesca a tagliare il traguardo.
Poi arrivi a casa, ti guardi allo specchio e pensi che forse quella non sei davvero tu, non sei chi vuoi essere ma chi devi diventare, pensi che tutta la tua vita sia una grande maschera di plastica; e poi non lo pensi più, perché ti rendi conto che lo è.
Spesso ti chiedono: “come stai?” “Tutto bene” rispondi energica; e poi ti domandano se hai impiegato molto a fare il progetto. E “No, se ti serve una mano sono disponibile”; “Com’è non doversi mai preoccupare di nulla?” “Come fai a non sbagliare mai?” “Sì, ma tu sei portata per questo” …
E alla domanda “Chi sei?” ad oggi dovrei rispondere: “Sono solo una menzogna”.
Mi alzo, sono le sei e mezza di giovedì mattina, il sole inizia a farsi vedere dietro le montagne, ma non ho tempo di stare ad osservarlo. Mi lavo e faccio colazione, apro il libro di storia per ripassare perché tra qualche ora ho l’interrogazione; poi mi vesto, mi trucco ed esco di casa con la musica al massimo, che risuona nelle cuffiette.
Aspetto il bus, salgo e arrivo a scuola. Sorrido con gli occhi alle mie amiche, raccolte in gruppo fuori dall’ingresso principale. Con la coda dell’occhio aspetto che quel ragazzo mi passi davanti ignorandomi completamente, però sorrido e intanto l’ansia crea un nodo nel mio petto, le mani tremano, ma andrà bene perché è così che dico…tanto andrà bene.
È la prima ora, il sole adesso è protagonista del cielo ed io della classe, gli occhi dei miei compagni mi assillano e il nodo al petto si stringe ancora più forte, però sorrido. Inizia l’interrogazione e non che io non avessi studiato, al contrario, ma quell’ansia stava mangiando il mio cervello tanto che non ricordavo più nulla. Fu la prima volta che feci scena muta. Ora gli occhi dei miei compagni sembrano spade che piano piano segnano la mia pelle, con tagli profondi. Scoppiò in lacrime: io non avevo mai pianto, se non nella mia stanza, sola con la musica al massimo per non farmi sentire.
Perché piangi? Chiese la professoressa scioccata dal mio comportamento molto insolito, quasi inaccettabile, anzi togliamo il “quasi”: inaccettabile…chi se lo sarebbe aspettato da me!
Cercai di asciugarmi le lacrime con il maglione verde che aveva fatto mia nonna; è il mio porta fortuna di solito. Oggi però non ha funzionato…insomma cercai di risistemarmi un poco e iniziai a parlare:
“Professoressa so che potrebbe sembrarle una scusa, ma questa mattina una signora goffa e strana mi ha fermata mentre stavo camminando lungo la via principale proprio qui fuori. Erano le sette e non c’era ancora nessuno, quindi può immaginare il mio terrore non appena mi fermò, infatti, sono rimasta impietrita perché non sapevo cosa volesse da me. Credevo avesse intenzione di rubare qualcosa dal mio zaino o addirittura di farmi del male; ma inaspettatamente mi prese le mani, avvolgendole attorno alle sue e mi disse che vedeva per me un futuro straziante, che non sarei più stata in grado di ottenere nulla dalla vita.
Nel mio futuro ci saranno solo disastri e finirò per perdere ogni cosa, la famiglia, la casa ed il lavoro; pertanto sarò costretta a dormire sotto i ponti e condurre una vita come la sua. E con una voce sottile, avvicinandosi un poco al mio orecchio, ha preannunciato la morte di mia nonna.
Dopo quelle parole sono scappata in lacrime, può ben comprendere che io ne sia ancora turbata.
Vede, non mi sarei mai aspettata di non riuscire a rispondere ad una domanda dopo aver studiato costantemente, ma ora spero possa immaginare cosa sta, ancora adesso, passando tra i miei pensieri. Vedere il volto della donna lacerato dagli anni vuoti e crudeli ha aggiunto terrore alle parole che stava pronunciando.
Mi sento così sciocca per averle dato retta, per aver pianto davanti a tutta la classe e per non essere stata all’altezza della sua verifica, ma mi auguro possa comprendere quello che provo ora e che probabilmente proverò per tutta la giornata. So bene che sono solo parole di una signora bisognosa d’aiuto e attenzioni, ma non crede che essere fermati improvvisamente da una sconosciuta, che ti augura il peggio, possa turbare una giovane adolescente? So che non ho giustificazioni ma spero abbiate compreso il motivo del mio pianto.”
È così che funziona, devi proteggere la tua perfezione, non ti è concesso fallire e quindi utilizzi metodi che potrebbero sembrare immorali, ma sai meglio di tutti quanto sia più immorale cedere all’insuccesso.
La professoressa, forse perché era troppo strano credere che io non fossi riuscita a rispondere alle domande, mi concesse di ripetere l’interrogazione la settimana successiva; nessuno scoprì che io avevo mentito, ormai sono brava a farlo, è quasi impossibile smascherarmi.
Resto ancora perfetta, ancora per un po’ perché non posso deludere nessuno; ma sai qual è stata la più grande menzogna? Lasciar credere alla mia mente che quella “perfezione” fosse una verità.
Motivazione della Giuria
Racconto introspettivo e potente, ricco di immagini significative, dalla lucida e incisiva scrittura in cui la bugia è chiamata a preservare lo “stato perfetto” della protagonista agli occhi degli altri, anche durante un’interrogazione scolastica. La fandonia come condanna personale e comportamento “morale” acccettato, che riesce ad ingannare perfino la mente a tutela della propria apparenza.
 
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